DISCEPOLI DI EMMAUS – 2018
I due Discepoli di Emmaus siamo noi quando, delusi, ci allontaniamo dai riferimenti essenziali della nostra vita spirituale – Gerusalemme – per rifugiarci nei nostri piccoli villaggi, nel nostro “privato”.
E lo facciamo discutendo tra di noi senza però venire a capo del significato delle cose che viviamo rispetto a Dio.
Smarriti, i nostri occhi sono impediti di riconoscere la presenza del Signore anche se Egli cammina al nostro fianco; il nostro volto è triste e rivela l’incomprensione di ciò che di Dio accade nei nostri giorni.
E colui che ci cammina con noi è considerato forestiero, estraneo, trattato con supponenza.
Le vicende del Cristo, sono conosciute nel dettaglio cronachistico ma sono riferite unicamente a un passato asettico, di delusione delle nostre speranze.
Speranze al livello del nostro piccolo cabotaggio, che vorremmo fossero esaudite: “Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele” dicono i due pellegrini del vangelo.
Ma può essere il Cristo pensato, percepito solo come il liberatore del nostro piccolo mondo? Dei nostri micro interessi personali, tribali, clanici?
I nostri piccoli desideri, non alla misura di Dio, s’infrangono al silenzio della tomba di pietra, per di più vuota!
Ecco allora che è necessario ripartire dalla storia di Dio con l’umanità, ripercorrerla per capire il disegno di Dio e l’agire di Dio, così che in noi si chiarisca, dalle Scritture, ciò che si riferisce al Cristo e alla nostra condizione con Lui.
La consapevolezza della storia di Dio viene in soccorso della nostra stoltezza e della nostra lentezza di cuore!!!
Il Compagno dei pellegrini disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.
Cristo entra nella sua gloria non nella nostra gloria la nostra piccola mediocre gloria, la cui attesa resta delusa!!!
Ebbene, questa consapevolezza della storia di Dio ha un potere: di rianimare la nostra capacità umana, la nostra percezione: ci umanizza, ci rende disponibili gli uni gli altri, ci dà la prontezza di compiere gesti di attenzione innanzitutto a chi ci è vicino.
Bisogna sempre ripartire da Dio, dalla sua storia che ci viene narrata dalla Parola, dalla Sacra Scrittura, poiché così Dio ci umanizza ci eleva, e ci rende più umani.
Ecco all’ora che i pellegrini, quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, insistettero con colui che li aveva rianimati con la Parola di Dio: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto».
Resta con noi: è una richiesta meravigliosa che afferma il riconoscimento dell’altro, ponendo a lui un’attenzione che coglie la sua condizione.
Egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista.
L’accoglienza del Signore avviene attraverso gli atteggiamenti, i comportamenti, i segni, i gesti, le parole, la condivisione, la preghiera, la benedizione, la comunione… attraverso un modo di essere, cioè con uno spirito, che dà vita e fa ardere il cuore di passione, di amore vicendevole.
Ed essi dissero l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?».
Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme,
Si, andando via da Gerusalemme i due pellegrini erano delusi e si erano allontanati dai riferimenti essenziali della vita spirituale. Ora, invece, che il Signore li ha fatti “risorgere”, vi fanno ritorno, e cosa trovano?
Trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.
Cari Amici, la Pasqua non è finita con la celebrazione di domenica della Risurrezione, ma continua con la nostra trasformazione, interiore e comunitaria, personale e sociale. Apriamoci allo spirito del Risorto, vivendo come Lui ci ha insegnato, come discepoli di Emmaus.