Le crisi che fondano il cammino
Giovanni 16, 29-33
In quel tempo, dissero i discepoli a Gesù: «Ecco, ora parli apertamente e non più in modo velato. Ora sappiamo che tu sai tutto e non hai bisogno che alcuno t’interroghi. Per questo crediamo che sei uscito da Dio».
Rispose loro Gesù: «Adesso credete? Ecco, viene l’ora, anzi è già venuta, in cui vi disperderete ciascuno per conto suo e mi lascerete solo; ma io non sono solo, perché il Padre è con me.
Vi ho detto questo perché abbiate pace in me. Nel mondo avete tribolazioni, ma abbiate coraggio: io ho vinto il mondo!».
Ancora una volta torniamo al vangelo di Giovanni, ma, idealmente rimaniamo legati al versetto del brano di ieri: “Quando lo videro, gli si prostrarono innanzi; alcuni però dubitavano.”
Gesù oggi ci dice: “Adesso credete? Ecco, verrà l’ora, anzi è già venuta, in cui vi disperderete ciascuno per conto proprio e mi lascerete solo.”
Innanzi all’affermazione di fede apparentemente incrollabile dei discepoli, Gesù ricorda l’importanza del “passo dopo passo”.
Non esiste atteggiamento di fede, senza che questo sia passato per il dubbio e per la prova. Non perché una singolare crudeltà lo imponga! Piuttosto perché in un processo di crescita, di maturazione, le crisi sono fondamentali e fondanti il cammino nuovo che le segue.
Atteggiamento maturo, innanzi alla crisi, è approfittarne, assumerne il peso, la responsabilità, viverla fino in fondo. Sono proprio i momenti di crisi, di contraddizione e di decisione difficile a farci crescere, a farci, autenticamente, “soggetto”, con un profilo, una identità più chiara e definita.
Per comporre una definizione, la scolastica classica e, prima ancora, la filosofia aristotelica, ci dicono che sono necessarie due componenti: il “genere prossimo” e la “differenza specifica”. Da questo possiamo affermare che l’uomo è “animale razionale”. Genere prossimo è la sua animalità, ciò che lo accomuna e avvicina agli animali. Ma è la differenza specifica a descriverne la specificità: la razionalità è ciò che lo distingue davvero.
Quando, nel linguaggio comune, diciamo “fare la differenza” intendiamo proprio questo: quel particolare che caratterizza ma che è, comunque, il frutto di uno scarto, di una discontinuità, di una instabilità di sistema.
“Adesso credete? Ecco, verrà l’ora, anzi è già venuta, in cui vi disperderete ciascuno per conto proprio e mi lascerete solo.” Gesù snida le nostre false certezze e le usa per farci crescere. Mette in crisi i nostri falsi ragionamenti e ci propone l’instabilità dell’esistenza come parametro di valutazione.
Servono a monito, queste parole, per diffidare dalle facili sicurezze e dalle finte zone di comfort: l’incertezza è parte della vita. Fa la differenza il “come” la viviamo.
Spunti di riflessione:
- Quali certezze granitiche ospito nel mio cuore? Quali mi paralizzano e mi irrigidiscono?
- Come le affronto? Mi fanno comodo o sento dentro me l’esigenza di superarle?